Sempre a difesa del popolo Saharawi
Le sconcertanti e dolorose notizie che provengono dalla regione del Sahara occidentale, riportano nella ribalta mediatica una delle annose questioni di politica internazionale: il destino del
popolo saharawi, da circa 35 anni soggetto all’occupazione marocchina e costantemente privato del proprio diritto all’autodeterminazione. Il dramma di questo ennesimo “popolo senza terra” ha
inizio nel 1976, quando l’ex colonia spagnola viene ceduta all’amministrazione congiunta di Marocco e Mauritania, sulla base di una specifica ripartizione territoriale. Di lì a pochi anni, però,
la Mauritania cessa di esercitare i propri poteri di controllo sulla zona, che viene interamente occupata dall’esercito marocchino, nell’intenzione del Governo di sfruttare le copiose risorse
energetiche (fosfati) ivi disponibili. A quel punto, l’organizzazione del popolo saharawi, il fronte di liberazione nazionale POLISARIO, comincia la propria battaglia per affrancarsi dalla
dominazione straniera, ma con esito, a tutt’oggi, poco soddisfacente. Negli anni Ottanta e Novanta, sotto l’egida dell’Onu, si tenta di organizzare lo svolgimento di un referendum
sull’autodeterminazione, che però, a causa di difficoltà tecniche e di malcelate ostilità di una parte della Comunità africana e non solo, all’alba del 2011 stenta ancora a trovare la luce. Tutto
questo mentre si ingrossano sempre più le fila degli sfollati, dei profughi che trovano rifugio nei campi d’accoglienza algerini, per sfuggire alle persecuzioni marocchine. Delle vicende
descritte l’attività diplomatica delle principali Cancellerie, così come delle organizzazioni internazionali, pare occuparsi assai poco, distolta dalla endemica crisi mediorientale nonché dalla
lotta al terrorismo, autentiche piaghe di questo secolo ereditate da quello scorso. Tra le urgenze e le priorità da affrontare non può non esservi, però, anche la questione del Sahara
occidentale, dove ogni giorno vengono perpetrati crimini contro l’umana dignità, oltre che patenti violazioni del diritto internazionale – codificato dalla Dichiarazione dei universale Onu fin
dal dicembre 1948 – alla sacrosanta facoltà per un popolo di scegliere liberamente il proprio governo. Da tre decenni i Saharawi vivono in uno stato di soggezione forzata a cui pochi sembrano
voler porre fine. È necessario, pertanto, riattivare al più presto le procedure per giungere alla celebrazione del referendum, e, soprattutto, appare ineludibile una forte iniziativa di
peacekeeping da parte non solo delle Nazioni Unite ma anche dell’Unione europea, poiché non è più possibile tollerare la presenza, nei pressi delle coste del Mediterraneo, di sacche di
postcolonialismo assolutamente contrarie al progresso civile ed economico dell’Africa. Il Sahara occidentale deve quindi essere letto come problema, nel contempo, specifico di un popolo e di un
continente, verso il quale non basta l’utilizzo della politica del bastone e della carota, ma occorre un coinvolgimento reale e paritetico di tutti gli attori interessati. I giovani socialisti,
oggi come sempre, sono al fianco dell’anelito di indipendenza che proviene da queste terre, consapevoli della legittimità di una richiesta troppo spesso rimasta inevasa perché ritenuta di serie
B.
Vincenzo Iacovissi